Responsabilità del datore di lavoro per infortuni

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Non sempre il datore di lavoro risulta responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore a causa del mancato utilizzo dei sistemi di protezione messi a sua disposizione.

Lo conferma la Corte di Cassazione con due recenti sentenze, diverse nell’esito ma non contraddittorie nei principi stabiliti.

Quando il datore di lavoro non è responsabile
Con la Sentenza n. 8861 dell’11 aprile 2013, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un lavoratore contro la Sentenza con cui i giudici di merito avevano escluso il diritto al risarcimento del danno per l’infortunio nel quale aveva riportato postumi invalidanti.
L’incidente si era verificato quando il lavoratore stava eseguendo operazioni di trapanazione, durante le quali la punta del trapano utilizzato si era rotta ed una scheggia di metallo aveva colpito il suo occhio.

La Corte ha ritenuto di dover esonerare da ogni responsabilità il datore di lavoro in quanto questi “aveva provveduto a fornire, a mezzo dei suoi preposti, i necessari mezzi di protezione, ad impartire istruzioni sull´uso degli stessi ed a vigilare sul rispetto delle istruzioni impartite e sull´uso degli occhiali di protezione durante la lavorazione”.

I giudici spiegano nella Sentenza che il datore di lavoro non è responsabile quando l’infortunio, rispetto al puntuale assolvimento di tutti gli obblighi di prevenzione e protezione, sia interamente riconducibile ad una condotta imprevedibile del lavoratore che presenti i caratteri dell’abnormità e dell’inopinabilità assoluta.

Quando il datore di lavoro è responsabile
Di esito contrario, ma coerente con l’indirizzo giurisprudenziale assunto, è la Sentenza n. 9167 del 16 aprile 2013.
Questo caso riguarda un lavoratore che durante le operazioni di lavaggio delle canaline di una pressa per la vinificazione, utilizzando uno strumento di gomma a pressione, veniva colpito al viso da un getto di soda caustica, causato dalla rottura del tubo di gomma. Il lavoratore riportava gravissime lesioni agli occhi.
L’attività svolta dal lavoratore, normale e consueta nell’iter produttivo dell’azienda, era conforme ad una prassi ampiamente seguita all’interno dello stabilimento e utilizzata anche da altri operai.

La Cassazione questa volta ritiene fondato il ricorso del lavoratore contro la Sentenza di Appello (che ascriveva al lavoratore concorso di colpa) e condanna il datore di lavoro.
Secondo i giudici, infatti, le norme in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro “sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso; ne consegue che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente”.

In conclusione, entrambe le Sentenze si basano sullo stesso principio: il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri di abnormità, inopinabilità e esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo.


FONTE: ACCA.IT

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